Agosto, causa mia non ti conosco

 

Anche gli avvocati, qualche volta, vanno in vacanza.

Che ci crediate o no, conviene anche a voi; un avvocato stanco ragiona male!

Ma come,” direte voi, “proprio adesso che mi serviva d’urgenza un… (completate a piacere con ricorso /atto / aggiornamento / riscontro o qualunque altra piacevolezza legale) !!!

Sì, proprio adesso.

Solo in questi giorni infatti possiamo contare su di un periodo di “ferma biologica” delle cause e dei tribunali, grazie a una legge (!) che permette agli avvocati (ai civilisti, in particolare) di rifiatare un poco.

La stessa legge comunque saggiamente blocca anche il decorso di quasi tutti i termini processuali e impedisce molte decadenze.

Dal primo Settembre saremo di nuovo operativi: ma se avete già da ora necessità di fissare un appuntamento, potete senz’altro compilare il modulo di contatto del sito o scriverci una mail (come alcuni già hanno fatto).

Nel frattempo BUONA ESTATE, ovunque voi siate.

 

 

(La foto del post è di Viditu, licenza CC)

La SIAE e il provvedimento AGCOM (o dell’arte di cambiare discorso)

Come alcuni di voi forse già sapranno, ferve in questo periodo (in rete e altrove) il dibattito in merito allo Schema di regolamento in materia di tutela del diritto d’autore sulle reti di comunicazione elettronica  predisposto dall’AGCOM.
Nella sua originaria formulazione, tale normativa prevedeva (ed è soprattutto questo ad aver scatenato la sollevazione di molti operatori e studiosi del settore) la possibilità di procedere ad ‘oscurare’ i siti web tacciati di violazione del diritto d’autore senza necessità di un provvedimento giurisdizionale (e cioè di un tribunale, con le garanzie previste dalla legge).

In questi giorni la bozza è oggetto di confronto nella sua formulazione aggiornata; e SIAE (con Confindustria) ha pensato fosse questo il momento migliore per lanciare un appello (firmato da molti suoi iscritti ‘vip’) in 10 punti, intitolato: ‘Pari dignità’.

Il testo, non particolarmente significativo quanto ai contenuti, è però interessante come tentativo retorico di spostare l’attenzione dal punto sopra segnalato introducendo un discorso completamente diverso (e che nessuno credo voglia seriamente contestare, ovvero quello della giusta tutela degli autori e dei loro contenuti).

Nella sostanza, si tratta di un testo… inutile, per di più scritto in uno stile sciatto, quasi da bar.

Non certo quel che ti aspetteresti dalla ‘società degli autori’.

Sono pronto a scommettere che a breve avremo (in tv, radio etc.) una serie d’interventi di autori, attori etc che senza nulla sapere del contenuto delle norme in esame concioneranno contro un non meglio definito “attacco alla cultura”, o a oscure “manovre che vogliono togliere fondi all’arte/ creatività/spettacolo”. Etc.

Vediamolo nel dettaglio (tra parentesi mie brevi notazioni):

Appello di Siae e Confindustria Cultura Italia

Pari dignità
10 domande e un invito

1. Perché il diritto d’autore, che fuori dalla rete è riconosciuto, in rete non deve essere remunerato?
(Nessuno però ha detto il contrario.)

2. Perché coloro che criticano il provvedimento AGCOM non criticano anzitutto il furto della proprietà intellettuale? Perché impedire la messa in rete di proprietà intellettuale acquisita illegalmente dovrebbe essere considerata una forma di censura?
(Il problema non è di merito, ma di metodo, e di garanzie di legge. Altrimenti potremmo anche dire: “Perché, se so che Tizio mi ha rubato il cellulare, non posso andare io direttamente a casa sua, picchiarlo e riprendermelo?”)

3. Perché dovrebbe risultare ingiusto colpire chi illegalmente sfrutta il lavoro degli altri?
(Anche qui, nessuno ha detto il contrario.)

4. Perché si ritiene giusto pagare la connessione della rete, che non è mai gratis, ed ingiusto pagare i contenuti? E perché non ci si chiede cosa sarebbe la rete senza i contenuti?
(Questa è una ripetizione, nella sostanza, del punto 1.)

5. Perché il diritto all’equo compenso viene strumentalmente, da alcuni, chiamato tassa? Perché non sono chiamate tasse i compensi di medici, ingegneri, avvocati, meccanici, idraulici, ecc.?
(Il paragone è improprio e, forse, inopportuno, non essendo certo destinato ad accrescere simpatia in queste categorie.)

6. Perché Internet, che per molte imprese rappresenta una opportunità di lavoro, per gli autori e gli editori deve rappresentare un pericolo?
(Si continua a insistere su temi estranei al provvedimento. Inoltre la domanda, così posta, non è nemmeno pienamente ‘retorica’. Ed  è talmente generica da non avere un senso reale)

7. Perché nessuno si chiede a tutela di quali interessi si vuole creare questa contrapposizione (che semplicemente non esiste) tra autori e produttori di contenuti e utenti?
(Perché allora non lo dice la SIAE, quali sarebbero questi interessi? Si continua con l’assoluta genericità che nulla aggiunge al dibattito.)

8. Perché dovremmo essere contro la libertà dei consumatori? Ma quale libertà? Quella di scegliere cosa acquistare ad un prezzo equo o quella di usufruirne gratis (free syndrome) solo perché qualcuno che l’ha “rubata” te la mette a disposizione?
(Il problema delle formule di fruizione online dei contenuti protetti la SIAE non sembra ancora in grado di affrontarlo serenamente. Qui, il tono è ancora più ‘urlato’, ma non fornisce spunto alcuno.)

9. Perché nessuno dice che l’industria della cultura occupa in Italia quasi mezzo milione di lavoratori e le società “over the top” al massimo qualche decina? E perché chi accusa l’industria culturale di essere in grave ritardo sulla offerta legale di contenuti, poi vuole sottrarci quelle risorse necessarie per continuare a lavorare e dare lavoro e per investire sulle nuove tecnologie e sul futuro?
(Qui c’è un’espressa ammissione del ritardo SIAE in materia. Chi legge l’appello inoltre –ammesso che abbia voglia di approfondire- resterà in dubbio su chi siano le società “over the top” di cui si parla. Se fossero le grandi società di produzione, ad es., sarebbe proprio la SIAE a porre la contrapposizione che al punto ‘7’ sosteneva non esistere.)

10.Perché, secondo alcuni, non abbiamo il diritto di difendere il frutto del nostro lavoro, non possiamo avere pari dignità e dobbiamo continuare a essere “ figli di un Dio minore”?
(Il diritto c’è eccome; ma un simile appello non contribuirà al dibattito).

 

Separazione giudiziale o consensuale? La storia della piccola Stefania




Succede spesso, nella nostra pratica quotidiana di divorzisti, di ritrovarci a caldeggiare la soluzione della separazione consensuale rispetto a quella giudiziale; e non sempre è facile convincere il nostro cliente (uomo o donna che sia) che questa sia senza ombra di dubbio la soluzione da preferire.

Torna utile, in questi casi, illustrare ai nostri clienti qualche esempio concreto che chiarisca meglio i nostri timori.

Nel caso interessasse anche i (non pochi) visitatori del nostro sito, racconterò anche a loro il caso della piccola Stefania (il suo vero nome, l’avrete intuito, non è certo questo).

Tranquilli, non è una storia tragica: ma non mi sembra abbia un lieto fine.

Si era rivolta a noi la sua mamma, giunta alla determinazione di volersi separare; le spiegammo il da farsi e, ottenuto il suo consenso, scrivemmo al marito perché aderisse a tale volontà e discutesse (assistito da un suo legale di fiducia) le condizioni concrete di un accordo che portasse alla separazione consensuale.

Nel caso non lo sappiate, con la separazione consensuale tutto si risolve in un’unica udienza in Tribunale, nell’arco (in media) di tre/quattro mesi dalla presentazione del ricorso.

E quasi sempre, se l’avvocato ha fatto un buon lavoro, a essere accolte dal Tribunale sono proprio le condizioni proposte dai coniugi, quelle che meglio rispondono alle esigenze e ai bisogni concreti di quella famiglia.

Come a volte accade, il marito (ma il discorso si verifica anche a parti invertite, sia chiaro) non volle aderire a tale invito, e costrinse così la moglie a dover procedere con la separazione giudiziale; che è un vero e proprio processo, destinato a durare qualche anno e a costare assai di più di una consensuale, non solo in termini di spese legali ma anche -e soprattutto- sul piano personale, emotivo.

La piccola Stefania si ritrovò dunque, come purtroppo spesso accade, al centro della contesa processuale tra i genitori; per ben quattro anni noi avvocati discutemmo e disputammo (in aula e fuori) su quale fosse il genitore più adatto a gestire la piccola, su chi dovesse restare nella casa coniugale e chi dovesse uscirne etc.; fu addirittura richiesta una perizia psicologica sulla piccola, che a dire del padre manifestava un disagio profondo (poi rivelatosi inesistente); il che non vuol dire che non soffrisse parecchio, per tutto quel periodo, in ragione dell’accesa conflittualità tra i suoi genitori.

Giunse infine il momento della decisione; noi avvocati depositammo i nostri vibranti atti conclusionali e il Tribunale trattenne la causa per pronunciare la sentenza.

Per lunghi mesi attendemmo la pubblicazione del provvedimento; l’attendeva soprattutto la mamma da noi assistita, con cui viveva (fino a nuovo ordine) la piccola Stefania.
Personalmente nutrivo (ma non lo dissi alla signora) concrete speranze di ottenere una decisione favorevole.

Stefania nel frattempo compiva dieci anni.

Di lì a poco la sentenza uscì; e avemmo un’amara sorpresa.

“Ha vinto il padre”, avrete pensato voi.

E avreste sbagliato, perché il padre fu ugualmente sorpreso dal contenuto della sentenza.

“Allora l’hanno affidata ai servizi sociali!” penserete a questo punto; a volte si sente di queste decisioni che…

Nemmeno questo.

Semplicemente, gli sbigottiti avvocati (e i coniugi ancor più sbigottiti) lessero nella sentenza che, vista la raggiunta maggiore età di Stefania, non c’era più necessità di stabilire a chi spettasse di avere in affidamento la figlia, ormai grande.

Stefania, maggiorenne per sentenza.

Quattro anni di causa, di ansie, liti e spese per ottenere (non una sentenza in/giusta ma) una sentenza del tutto inservibile.

Un clamoroso errore; con tutta evidenza, si trattava di un altro caso esaminato sempre da quei giudici e il cui testo s’era sovrapposto a quello della nostra sentenza.

Unico rimedio: l’appello.

Ovvero un altro grado completo di giudizio, destinato a durare (almeno) altri cinque anni.
E a raddoppiare le spese, le ansie e i litigi del primo grado.

Questa, in breve, la storia. I riferimenti sono volutamente vaghi, perché si tratta di un caso vero.

E continuo a raccontarla perché mi sembra -voi che ne dite?- un buon argomento a favore della separazione consensuale.

L’avvocato è un buon mediatore?

Nell’avvicinarsi dell’effettiva entrata in vigore della cd mediazione obbligatoria, continua tra gli addetti ai lavori il dibattito (anche) sulla figura degli avvocati quali possibili mediatori; le opinioni, forse già lo saprete, sono discordi; ne dà atto ad es. questo recente post su BlogConciliazione.

Come ho già avuto modo di commentare in quella sede, personalmente ritengo necessaria una (più che)buona preparazione giuridica per poter gestire in modo utile ed equilibrato un’attività di mediazione; è un pre-requisito.
Dunque ritengo siano indicati a mediare avvocati, notai, magistrati ma anche praticanti abilitati, giuristi d’impresa etc.

Quanto poi alla diffusa obiezione per cui l’avvocato sarebbe “incapace di mediare” essendo abituato a “difendere la parte”, ritengo che sia convinzione del tutto errata, probabilmente generata da quel che affiora pubblicamente dell’attività degli avvocati.
L’avvocato che discute in aula o scrive alla controparte esprime necessariamente posizioni nette in difesa del proprio assistito; ma come ben sa chiunque abbia un minimo di pratica del settore (anche solo come cliente occasionale) il medesimo professionista, nell’ambito riservato del proprio studio, è costantemente orientato a fornire al proprio cliente una valutazione oggettiva e realistica dei fatti in esame.
E spesso lo convince ad accettare un accordo che all’assistito lascia quel poco di amaro in bocca… retrogusto tipico di una soluzione equilibrata.


Da oggi Spinozzi & Calanna sono convenzionati Family Card


Non viviamo un periodo d’oro. L’economia ristagna e le famiglie arrancano.

Anche in simili periodi tuttavia capita di doversi rivolgere a un avvocato, con i costi che ciò comporta.

Abbiamo perciò pensato di venire incontro alle esigenze delle famiglie con maggiori difficoltà aderendo ad una bella iniziativa della Provincia di Roma, quella della http://www.provincia.roma.it/news/family-card-sconti-e-agevolazioni-le-famigliee da oggi -sicuri di farvi cosa gradita- siamo anche noi convenzionati, per offrire condizioni di favore ai tanti titolari di quella tessera.

La FAMILY CARD è riservata alle famiglie residenti nel territorio della Provincia di Roma composte da:

  • uno/due genitori e due figli con reddito familiare annuale fino a € 40.000;
  • uno/due genitori e tre figli con reddito familiare annuale fino a €  50.000; dopo il terzo figlio, per ogni figlio in più, il tetto di reddito annuale familiare aumenta di € 5.000.
  • persone ultra 65enni con reddito annuale fino a € 15.000;
  • persone non autosufficienti a carico del nucleo familiare con reddito fino a € 50.000.

Ogni tessera è nominativa, per essere utilizzata va esibita assieme ad un documento di riconoscimento ed è valida fino al 31 dicembre del 2011.

Se volete saperne di più sulla card potete scaricare il depliant ufficiale e visitare la http://www.provincia.roma.it/news/family-card-sconti-e-agevolazioni-le-famiglie, dove si spiega anche come aderire.

L’elenco completo delle attività che hanno aderito alla convenzione potete trovarlo QUI (ci sono anche supermercati, farmacie, librerie etc.).


Un successo

E’ stato, ora possiamo dirlo, un successo.
Ideare, scrivere, produrre e mettere in scena uno spettacolo teatrale (continuando naturalmente a curare come sempre a fondo la libera professione – senza trascurare nostra figlia!) è una fatica improba, che si affronta solo con grande incoscienza.
Ma è arrivato un grande riscontro di pubblico e anche di critica, e non possiamo che esserne felicissimi.

Ringraziamo tutti coloro che -sul palco e… dietro le quinte- hanno reso possibile quest’avventura; e nel riprendere appieno la gestione del sito anche dal lato professionale (sono in arrivo belle novità) vi segnaliamo il bel servizio-recensione che la brava giornalista Francesca Della Giovampaola (ancora grazie!) ha dedicato alla nostra commedia nel prestigioso TG di ROMAUNO TV.

Cliccate sul link e buona visione!

BEATO LUI! – Il servizio del TG di ROMAUNO TV (di Francesca Della Giovampaola)

(Se compare prima un messaggio pubblicitario, potete eliminarlo cliccando UNA VOLTA sulla crocetta nell’angolo superiore destro del riquadro video).



Nuovo spettacolo… TUTTI A TEATRO CON NOI!

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Comincia il nuovo anno… e abbiamo il piacere di annunciarvi l’imminente debutto del nostro spettacolo teatrale, che vi invitiamo a non lasciarvi sfuggire!

Anzi, per premiare i visitatori del nostro sito, abbiamo deciso di riservare a chi ci legge una speciale riduzione sul prezzo del biglietto d’ingresso (leggete più in basso), purché diciate al botteghino di essere utenti di www.spinozziecalanna.it!

Più sotto anche la trama…

IL PAPA IN SCENA A GENNAIO

Debutta a Roma “BEATO LUI!”, novità assoluta di Spinozzi & Calanna

con Pierre Bresolin, Tiziano Floreani e Roberto Zenca

regia di Sara Calanna


al Teatro Petrolini, sala Petrolini, Via Rubattino 5 Roma (zona Testaccio)

dal 12 al 31 gennaio 2010.

Spettacoli: dal martedì al sabato ore 21 – domenica ore 18

Biglietto: intero €12 RIDOTTO AD €8 PER LETTORI E UTENTI DI WWW.SPINOZZIECALANNA.IT

Botteghino: presso il teatro, 065757488 – consigliata prenotazione

GRUPPI:3273673025



Il papa è sparito dal Vaticano, e nessuno sa dove sia.

Nel frattempo quello che ha tutta l’aria di essere un alto personaggio in cerca di quiete s’insedia in una spoglia baita d’alta montagna, accudito da un’improbabile donna barbuta del luogo.
Ma un avventore misterioso giunge inaspettato a fargli visita…

Beato lui! è una commedia brillante, a tratti surreale, piacevolmente dissacrante. Adatto a tutte le età!
Protagonisti tre bravissimi attori, Pierre Bresolin, Tiziano Floreani e Roberto Zenca, diretti con maestria da Sara Calanna. Costumi di Anna Hurkmans.

Spinozzi & Calanna è il marchio artistico con cui si firmano Gioacchino Maria Spinozzi e Sara Calanna, autori e interpreti già premiati in rassegne nazionali di teatro.

Produzione: POVEROPIERO FILM & STAGE con G.M. Spinozzi

Il nome di ‘Skavalghen’ è di Mirella Spinozzi.

Per ulteriori informazioni contattateci attraverso il sito o inserendo un commento qui!

Chiedere i danni a un medico o a un ospedale. Inutile?

 

Nel valutare se avviare o meno una ricerca di risarcimento danni nei confronti di un medico, di un ospedale o di una casa di cura, viene spesso da chiedersi… se davvero ne valga la pena.

In particolare, è diffusa l’opinione per cui sia impossibile ottenere –soprattutto dal medico incaricato in giudizio quale CTU (consulente tecnico d’ufficio) del Tribunale- un giudizio negativo nei confronti dei colleghi il cui operato è sottoposto a giudizio.

Ma questo è, semplicemente, un luogo comune senza alcun fondamento.

Esistono per fortuna molti bravi professionisti indipendenti che valutano in modo imparziale l’operato dei loro colleghi e permettono dunque un’analisi obiettiva e libera dei fatti e (se è il caso) la ricostruzione delle responsabilità dei professionisti e /o delle strutture coinvolte; e molti sono ormai i giudizi che si concludono col positivo accoglimento di (fondate) domande che il danneggiato ha svolto attraverso il suo avvocato.

E’ stato da poco diffuso il resoconto di uno studio pilota compiuto dall’Osservato­rio sulla responsabilità del me­dico (Orme) esa­minando 1.900 sentenze del Tri­bunale civile di Roma dal 2001 ai primi tre mesi del 2007.

La percentuale di accoglimento di simili domande sarebbe pari al 60%; un dato già di per sé davvero elevato; e che cresce ancora di più se si considera che nel 40% di rigetti vanno anche conteggiate le cause promosse in modo imprudente, o senza alcun fondato motivo giuridico, o ancora senza prove sufficienti a sostegno.

Un simile dato dimostra tra l’altro come sia altrettanto infondato lo speculare pregiudizio –stavolta diffuso dal lato dei medici- per cui le cause sanitarie portino comunque a un qualche risarcimento per chi ‘si lancia’ in accuse anche del tutto infondate.

GMS

[Se avete voglia di discuterne, non esitate a inserire un commento!]

Un video musicale… scritto da noi

A dimostrazione del fatto che nella vita non esiste solo il diritto, vi segnaliamo l’uscita del nuovo video dei Wajiwa, “MAI”, al quale abbiamo avuto il privilegio di contribuire anche noi, quali autori del soggetto e della sceneggiatura.

Al progetto hanno collaborato diversi appartenenti al forum di Videomakers.net, la comunità di riferimento dei videomakers italiani.

Buona visione e buon ascolto a tutti!

Wajiwa – “MAI”

soggetto e sceneggiatura: Spinozzi e Calanna
regia e montaggio: Marcello Saurino e Enrico Barile
operatore/dop: Davide Micocci
scenografia: Agostino Iacurci
trucco: Alessandro Ramin
label: Sanluca Sound

produzione: DEVISEMPREVEDERE PRODUCTION 16:9 VIDEOLAB

[youtube 98I5uONHgDA]