Quello che non vi dicono della mediazione… (2)

Per sviluppare meglio il pensiero (non solo mio, ma anche degli altri avvocati del nostro network)  contrario alla mediazione obbligatoria, vi riporto il dialogo avuto con (e le garbate obiezioni di) un mio buon amico riguardo al mio precedente post sulla mediazione.

Vero, ma questo [quello della lettera aperta, ndr] è il punto di vista degli avvocati … che dal nuovo sistema hanno qualcosa da perdere …

In realtà non credo che gli avvocati abbiano da perdere dalla mediazione, teoricamente anzi potrebbero guadagnare di più, dovendo assistere la parte anche nella fase (prodromica…) della mediazione. Purtroppo il cliente finirà per farne le spese comunque (in tutto o in parte).

Sì, ma sarebbero esclusi dal “giudizio” vero e proprio, se non vado errato…

Diciamo che non è prevista, nella fase di mediazione, l’assistenza obbligatoria dell’avvocato.
Diciamo però anche che andare a trattare le proprie richieste senza l’aiuto di un avvocato sarebbe sostanzialmente suicida (ben ne sa qualcosa chi si è azzardato a far causa da solo davanti al Giudice di Pace).

Sul piano teorico la mediazione dovrebbe in realtà rappresentare un risparmio netto di costi e tempi, magari con minori garanzie di un “giudizio” equilibrato. Il problema, Gioacchino, è che ormai i tempi del giudizio civile, come sai molto meglio di me, sono insostenibili, e se la causa dura 10 anni siamo di fronte a una vera e propria denegata giusitizia! Non è tutta colpa degli avvocati, ovviamente, ma gli avvocati hanno messo del loro … .E comunque non mi piacciono le riserve di esclusiva che stanno cercando di ritagliarsi nell’ambito del d.d.l. di riforma dell’ordinamento forense…

Proprio la lentezza del giudizio civile è il peggior ostacolo alla buona riuscita dell’istituto.
Chi “chiuderà subito” senza andare in causa quasi sicuramente potrà farlo solo rinunciando a buona parte (40%? 50%?) delle sue pretese anche fondate. La controparte infatti non avrà nessun interesse ad es. ad anticipare un pagamento che sa dovuto, se in mancanza di accordo potrà contare su almeno cinque anni di tempo prima di esser costretta a pagare anche un solo euro…

Non dimentichiamo poi che:

  • la normativa non offre la minima garanzia di contraddittorio (per un contenzioso su Roma posso benissimo venir convocato davanti a un organismo di mediazione di Trento, o di Palermo etc);
  • ci sono situazioni non mediabili;
  • i mediatori non hanno alcuna esperienza nè offrono alcuna garanzia di qualità sul piano del diritto.

Quanto alle esclusive che periodicamente si cerca d’inserire in favore degli avvocati… quelle non solo non ci piacciono… c’indignano davvero (chi le propone pensa di essere ancora nel ‘600?); inoltre appaiono contrarie ai principi basilari del diritto comunitario.
🙁

Quello che non vi dicono della mediazione… (1)

Come forse già avrete sentito dire, a breve (salvi ulteriori ripensamenti del Parlamento o del Governo) entrerà in vigore la cd mediazione obbligatoria.

La campagna pubblicitaria in corso rischia di creare false aspettative o speranze; ma la realtà è ben diversa.

Oggi volentieri pubblichiamo sul nostro sito il messaggio ai cittadini stilato dall’O.U.A. (Organismo Unitario dell’Avvocatura); lo stile poteva forse essere migliore… ma come si sa spesso il meglio è nemico del bene. 😉


LETTERA APERTA AI CITTADINI

MEDIACONCILIAZIONE OBBLIGATORIA:

LA SOLUZIONE  O  UNA GRANDE FREGATURA?

Caro cittadino,

sai che dal 21 marzo la giustizia civile verrà “svenduta” a privati e comincerà così la sua definitiva rottamazione, con un altro aumento ingiustificato di costi a tuo carico?

Probabilmente non sai che dal 21 marzo 2011, prima di poter richiedere al Giudice la tutela dei tuoi diritti, sarai costretto a subire una nuova pasticciata procedura che ti comporterà costi e ritardi?

Per legge avrai l’obbligo di rinvolgerti ad un mediatore (non adeguatamente selezionato), e solo per presentare la domanda dovrai versare €. 40,00.

Così è: prendere o lasciare, non hai scelta!

Dopodiché dovrai versare, per una causa di medio valore, da €. 240,00 a €. 432,00, qualunque sia la soluzione a cui perverrà il mediatore, somma che mai nessuno Ti rimborserà né mai potrai portare in detrazione fiscale.

Sai che il tuo mediatore potrebbe non essere “quello sotto casa”, perché potresti essere convocato anche a centinaia di chilometri di distanza, e che se non ti presenti lo farai a tuo rischio, perché un domani un Giudice potrebbe valutare negativamente la tua assenza?

E SE LA CONCILIAZIONE NON RIESCE, COSA SUCCEDE?

Avrai pagato inutilmente queste somme che nessuno ti restituirà; dovrai necessariamente ritornare dal tuo avvocato il quale potrà, finalmente (dopo 4/5 mesi!), accompagnarti avanti al Giudice.

È questa, secondo te, la legge che dovrebbe accelerare i tempi della giustizia, ridurre i costi e portare vantaggi ai cittadini?

LETTERA APERTA AI CITTADINI

MEDIACONCILIAZIONE OBBLIGATORIA:

LA SOLUZIONE  O  UNA GRANDE FREGATURA?

Caro cittadino,

sai che dal 21 marzo la giustizia civile verrà “svenduta” a privati e comincerà così la sua definitiva rottamazione, con un altro aumento ingiustificato di costi a tuo carico?

Probabilmente non sai che dal 21 marzo 2011, prima di poter richiedere al Giudice la tutela dei tuoi diritti, sarai costretto a subire una nuova pasticciata procedura che ti comporterà costi e ritardi?

Per legge avrai l’obbligo di rinvolgerti ad un mediatore (non adeguatamente selezionato), e solo per presentare la domanda dovrai versare €. 40,00.

Così è: prendere o lasciare, non hai scelta!

Dopodiché dovrai versare, per una causa di medio valore, da €. 240,00 a €. 432,00, qualunque sia la soluzione a cui perverrà il mediatore, somma che mai nessuno Ti rimborserà né mai potrai portare in detrazione fiscale.

Sai che il tuo mediatore potrebbe non essere “quello sotto casa”, perché potresti essere convocato anche a centinaia di chilometri di distanza, e che se non ti presenti lo farai a tuo rischio, perché un domani un Giudice potrebbe valutare negativamente la tua assenza?

E SE LA CONCILIAZIONE NON RIESCE, COSA SUCCEDE?

Avrai pagato inutilmente queste somme che nessuno ti restituirà; dovrai necessariamente ritornare dal tuo avvocato il quale potrà, finalmente (dopo 4/5 mesi!), accompagnarti avanti al Giudice.

È questa, secondo te, la legge che dovrebbe accelerare i tempi della giustizia, ridurre i costi e portare vantaggi ai cittadini?

Separazione giudiziale o consensuale? La storia della piccola Stefania




Succede spesso, nella nostra pratica quotidiana di divorzisti, di ritrovarci a caldeggiare la soluzione della separazione consensuale rispetto a quella giudiziale; e non sempre è facile convincere il nostro cliente (uomo o donna che sia) che questa sia senza ombra di dubbio la soluzione da preferire.

Torna utile, in questi casi, illustrare ai nostri clienti qualche esempio concreto che chiarisca meglio i nostri timori.

Nel caso interessasse anche i (non pochi) visitatori del nostro sito, racconterò anche a loro il caso della piccola Stefania (il suo vero nome, l’avrete intuito, non è certo questo).

Tranquilli, non è una storia tragica: ma non mi sembra abbia un lieto fine.

Si era rivolta a noi la sua mamma, giunta alla determinazione di volersi separare; le spiegammo il da farsi e, ottenuto il suo consenso, scrivemmo al marito perché aderisse a tale volontà e discutesse (assistito da un suo legale di fiducia) le condizioni concrete di un accordo che portasse alla separazione consensuale.

Nel caso non lo sappiate, con la separazione consensuale tutto si risolve in un’unica udienza in Tribunale, nell’arco (in media) di tre/quattro mesi dalla presentazione del ricorso.

E quasi sempre, se l’avvocato ha fatto un buon lavoro, a essere accolte dal Tribunale sono proprio le condizioni proposte dai coniugi, quelle che meglio rispondono alle esigenze e ai bisogni concreti di quella famiglia.

Come a volte accade, il marito (ma il discorso si verifica anche a parti invertite, sia chiaro) non volle aderire a tale invito, e costrinse così la moglie a dover procedere con la separazione giudiziale; che è un vero e proprio processo, destinato a durare qualche anno e a costare assai di più di una consensuale, non solo in termini di spese legali ma anche -e soprattutto- sul piano personale, emotivo.

La piccola Stefania si ritrovò dunque, come purtroppo spesso accade, al centro della contesa processuale tra i genitori; per ben quattro anni noi avvocati discutemmo e disputammo (in aula e fuori) su quale fosse il genitore più adatto a gestire la piccola, su chi dovesse restare nella casa coniugale e chi dovesse uscirne etc.; fu addirittura richiesta una perizia psicologica sulla piccola, che a dire del padre manifestava un disagio profondo (poi rivelatosi inesistente); il che non vuol dire che non soffrisse parecchio, per tutto quel periodo, in ragione dell’accesa conflittualità tra i suoi genitori.

Giunse infine il momento della decisione; noi avvocati depositammo i nostri vibranti atti conclusionali e il Tribunale trattenne la causa per pronunciare la sentenza.

Per lunghi mesi attendemmo la pubblicazione del provvedimento; l’attendeva soprattutto la mamma da noi assistita, con cui viveva (fino a nuovo ordine) la piccola Stefania.
Personalmente nutrivo (ma non lo dissi alla signora) concrete speranze di ottenere una decisione favorevole.

Stefania nel frattempo compiva dieci anni.

Di lì a poco la sentenza uscì; e avemmo un’amara sorpresa.

“Ha vinto il padre”, avrete pensato voi.

E avreste sbagliato, perché il padre fu ugualmente sorpreso dal contenuto della sentenza.

“Allora l’hanno affidata ai servizi sociali!” penserete a questo punto; a volte si sente di queste decisioni che…

Nemmeno questo.

Semplicemente, gli sbigottiti avvocati (e i coniugi ancor più sbigottiti) lessero nella sentenza che, vista la raggiunta maggiore età di Stefania, non c’era più necessità di stabilire a chi spettasse di avere in affidamento la figlia, ormai grande.

Stefania, maggiorenne per sentenza.

Quattro anni di causa, di ansie, liti e spese per ottenere (non una sentenza in/giusta ma) una sentenza del tutto inservibile.

Un clamoroso errore; con tutta evidenza, si trattava di un altro caso esaminato sempre da quei giudici e il cui testo s’era sovrapposto a quello della nostra sentenza.

Unico rimedio: l’appello.

Ovvero un altro grado completo di giudizio, destinato a durare (almeno) altri cinque anni.
E a raddoppiare le spese, le ansie e i litigi del primo grado.

Questa, in breve, la storia. I riferimenti sono volutamente vaghi, perché si tratta di un caso vero.

E continuo a raccontarla perché mi sembra -voi che ne dite?- un buon argomento a favore della separazione consensuale.

L’avvocato è un buon mediatore?

Nell’avvicinarsi dell’effettiva entrata in vigore della cd mediazione obbligatoria, continua tra gli addetti ai lavori il dibattito (anche) sulla figura degli avvocati quali possibili mediatori; le opinioni, forse già lo saprete, sono discordi; ne dà atto ad es. questo recente post su BlogConciliazione.

Come ho già avuto modo di commentare in quella sede, personalmente ritengo necessaria una (più che)buona preparazione giuridica per poter gestire in modo utile ed equilibrato un’attività di mediazione; è un pre-requisito.
Dunque ritengo siano indicati a mediare avvocati, notai, magistrati ma anche praticanti abilitati, giuristi d’impresa etc.

Quanto poi alla diffusa obiezione per cui l’avvocato sarebbe “incapace di mediare” essendo abituato a “difendere la parte”, ritengo che sia convinzione del tutto errata, probabilmente generata da quel che affiora pubblicamente dell’attività degli avvocati.
L’avvocato che discute in aula o scrive alla controparte esprime necessariamente posizioni nette in difesa del proprio assistito; ma come ben sa chiunque abbia un minimo di pratica del settore (anche solo come cliente occasionale) il medesimo professionista, nell’ambito riservato del proprio studio, è costantemente orientato a fornire al proprio cliente una valutazione oggettiva e realistica dei fatti in esame.
E spesso lo convince ad accettare un accordo che all’assistito lascia quel poco di amaro in bocca… retrogusto tipico di una soluzione equilibrata.


Da oggi Spinozzi & Calanna sono convenzionati Family Card


Non viviamo un periodo d’oro. L’economia ristagna e le famiglie arrancano.

Anche in simili periodi tuttavia capita di doversi rivolgere a un avvocato, con i costi che ciò comporta.

Abbiamo perciò pensato di venire incontro alle esigenze delle famiglie con maggiori difficoltà aderendo ad una bella iniziativa della Provincia di Roma, quella della http://www.provincia.roma.it/news/family-card-sconti-e-agevolazioni-le-famigliee da oggi -sicuri di farvi cosa gradita- siamo anche noi convenzionati, per offrire condizioni di favore ai tanti titolari di quella tessera.

La FAMILY CARD è riservata alle famiglie residenti nel territorio della Provincia di Roma composte da:

  • uno/due genitori e due figli con reddito familiare annuale fino a € 40.000;
  • uno/due genitori e tre figli con reddito familiare annuale fino a €  50.000; dopo il terzo figlio, per ogni figlio in più, il tetto di reddito annuale familiare aumenta di € 5.000.
  • persone ultra 65enni con reddito annuale fino a € 15.000;
  • persone non autosufficienti a carico del nucleo familiare con reddito fino a € 50.000.

Ogni tessera è nominativa, per essere utilizzata va esibita assieme ad un documento di riconoscimento ed è valida fino al 31 dicembre del 2011.

Se volete saperne di più sulla card potete scaricare il depliant ufficiale e visitare la http://www.provincia.roma.it/news/family-card-sconti-e-agevolazioni-le-famiglie, dove si spiega anche come aderire.

L’elenco completo delle attività che hanno aderito alla convenzione potete trovarlo QUI (ci sono anche supermercati, farmacie, librerie etc.).


“…E IO GLI CHIEDO I DANNI!” 01 – COME CAPIRE SE SEI VITTIMA DI UN ERRORE MEDICO

Comincia oggi la pubblicazione sul nostro sito di “…E IO GLI CHIEDO I DANNI!”, videocorso pratico per ottenere il risarcimento degli errori medico-sanitari.

Chi cerca risposte ai propri problemi vuole sentir parlare l’avvocato in modo competente ma comprensibile; e non ha bisogno di teorie astratte ma di soluzioni concrete.

Questo videocorso gratuito a puntate ha dunque un’impostazione del tutto pratica; chi lo seguirà se ne renderà presto conto.

Anzi, il consiglio che ti diamo è quello d’iscriverti al sito (o ai nostri feed) o di seguirci su twitter per non perderne nemmeno una.

E naturalmente aspettiamo anche le tue critiche, i tuoi suggerimenti, le tue proposte per nuovi temi.

Partiamo… dall’inizio: come capire se sei vittima di un errore medico.

Buona visione!

[youtube I88qBykuxes 640 360]


Ha quarant’anni, è sovrappeso e ha parecchi problemi di salute. Buon compleanno, divorzio.

Compie oggi quarant’anni.

Ma non è uno splendido quarantenne; è affaticato, sovrappeso e con parecchi problemi di salute.

E’ l’istituto del divorzio, introdotto appunto quarant’anni fa dalla gloriosa legge “Fortuna-Baslini”, la n.898 del primo dicembre 1970.

Una legge benemerita, che ha permesso di liberare centinaia di migliaia di persone da vite infelici prima senza sbocco; ma che soffre, nell’applicazione concreta di ogni giorno, le pesantezze di un sistema giudiziario al collasso, in cui le sofferenze e le aspettative del coniuge e ancor di più del genitore non possono trovare la giusta attenzione.

Leggo che un collega matrimonialista sta ultimando il suo libro “27 minuti”, il cui titolo evidenzia la durata media della (importantissima) prima udienza, nella quale il presidente pronuncia i primi incisivi provvedimenti sulla casa, i figli, gli assegni.

E’ un dato già triste; ma la nostra esperienza parla di medie addirittura inferiori, direi non superiori ai venti minuti; e in quel ristretto lasso di tempo si ascolta prima l’uno poi l’altro coniuge e infine si sentono entrambi insieme (avvocati compresi), con esclusione di qualsiasi possibilità di serio approfondimento e totale affidamento al fiuto e al buon senso del magistrato che ci è toccato in sorte (in genere si tratta di persone assai accorte e d’esperienza; ma non possono essere anche degl’indovini).

Mancano -come sempre, quando si parla della giustizia civile- i mezzi tecnici, le strutture di supporto, il personale… e in alcuni casi anche la volontà di far funzionare meglio il meccanismo.

Quanto alla legge in sé, (il cui anniversario non ci stancheremo di festeggiare come grande conquista di civiltà), non si può non notare come il meccanismo che regola la crisi del matrimonio sia decisamente datato e necessiti di una profonda revisione, come ha del resto ben evidenziato ancora oggi il collega Cesare Rimini.

E’ in particolare urgente, a mio giudizio, riconsiderare l’istituto della separazione, nel senso di abolirlo definitivamente (come inutile strascico di una relazione coniugale ormai esauritasi); o al massimo, renderlo facoltativo, esperibile nella sola ipotesi in cui entrambi i coniugi chiedano (davvero, in quel caso) un periodo di tempo in cui riflettere, vivendo lontani, sul loro matrimonio.

In quindici anni che seguo separazioni, per la verità, il numero totale di riconciliazioni di coppie già separate cui ho potuto assistere ammonta al glorioso ammontare di… una sola.


E  nel caso ve lo stiate domandando: dopo qualche anno, anch’essi si sono nuovamente separati.