La SIAE e il provvedimento AGCOM (o dell’arte di cambiare discorso)

Come alcuni di voi forse già sapranno, ferve in questo periodo (in rete e altrove) il dibattito in merito allo Schema di regolamento in materia di tutela del diritto d’autore sulle reti di comunicazione elettronica  predisposto dall’AGCOM.
Nella sua originaria formulazione, tale normativa prevedeva (ed è soprattutto questo ad aver scatenato la sollevazione di molti operatori e studiosi del settore) la possibilità di procedere ad ‘oscurare’ i siti web tacciati di violazione del diritto d’autore senza necessità di un provvedimento giurisdizionale (e cioè di un tribunale, con le garanzie previste dalla legge).

In questi giorni la bozza è oggetto di confronto nella sua formulazione aggiornata; e SIAE (con Confindustria) ha pensato fosse questo il momento migliore per lanciare un appello (firmato da molti suoi iscritti ‘vip’) in 10 punti, intitolato: ‘Pari dignità’.

Il testo, non particolarmente significativo quanto ai contenuti, è però interessante come tentativo retorico di spostare l’attenzione dal punto sopra segnalato introducendo un discorso completamente diverso (e che nessuno credo voglia seriamente contestare, ovvero quello della giusta tutela degli autori e dei loro contenuti).

Nella sostanza, si tratta di un testo… inutile, per di più scritto in uno stile sciatto, quasi da bar.

Non certo quel che ti aspetteresti dalla ‘società degli autori’.

Sono pronto a scommettere che a breve avremo (in tv, radio etc.) una serie d’interventi di autori, attori etc che senza nulla sapere del contenuto delle norme in esame concioneranno contro un non meglio definito “attacco alla cultura”, o a oscure “manovre che vogliono togliere fondi all’arte/ creatività/spettacolo”. Etc.

Vediamolo nel dettaglio (tra parentesi mie brevi notazioni):

Appello di Siae e Confindustria Cultura Italia

Pari dignità
10 domande e un invito

1. Perché il diritto d’autore, che fuori dalla rete è riconosciuto, in rete non deve essere remunerato?
(Nessuno però ha detto il contrario.)

2. Perché coloro che criticano il provvedimento AGCOM non criticano anzitutto il furto della proprietà intellettuale? Perché impedire la messa in rete di proprietà intellettuale acquisita illegalmente dovrebbe essere considerata una forma di censura?
(Il problema non è di merito, ma di metodo, e di garanzie di legge. Altrimenti potremmo anche dire: “Perché, se so che Tizio mi ha rubato il cellulare, non posso andare io direttamente a casa sua, picchiarlo e riprendermelo?”)

3. Perché dovrebbe risultare ingiusto colpire chi illegalmente sfrutta il lavoro degli altri?
(Anche qui, nessuno ha detto il contrario.)

4. Perché si ritiene giusto pagare la connessione della rete, che non è mai gratis, ed ingiusto pagare i contenuti? E perché non ci si chiede cosa sarebbe la rete senza i contenuti?
(Questa è una ripetizione, nella sostanza, del punto 1.)

5. Perché il diritto all’equo compenso viene strumentalmente, da alcuni, chiamato tassa? Perché non sono chiamate tasse i compensi di medici, ingegneri, avvocati, meccanici, idraulici, ecc.?
(Il paragone è improprio e, forse, inopportuno, non essendo certo destinato ad accrescere simpatia in queste categorie.)

6. Perché Internet, che per molte imprese rappresenta una opportunità di lavoro, per gli autori e gli editori deve rappresentare un pericolo?
(Si continua a insistere su temi estranei al provvedimento. Inoltre la domanda, così posta, non è nemmeno pienamente ‘retorica’. Ed  è talmente generica da non avere un senso reale)

7. Perché nessuno si chiede a tutela di quali interessi si vuole creare questa contrapposizione (che semplicemente non esiste) tra autori e produttori di contenuti e utenti?
(Perché allora non lo dice la SIAE, quali sarebbero questi interessi? Si continua con l’assoluta genericità che nulla aggiunge al dibattito.)

8. Perché dovremmo essere contro la libertà dei consumatori? Ma quale libertà? Quella di scegliere cosa acquistare ad un prezzo equo o quella di usufruirne gratis (free syndrome) solo perché qualcuno che l’ha “rubata” te la mette a disposizione?
(Il problema delle formule di fruizione online dei contenuti protetti la SIAE non sembra ancora in grado di affrontarlo serenamente. Qui, il tono è ancora più ‘urlato’, ma non fornisce spunto alcuno.)

9. Perché nessuno dice che l’industria della cultura occupa in Italia quasi mezzo milione di lavoratori e le società “over the top” al massimo qualche decina? E perché chi accusa l’industria culturale di essere in grave ritardo sulla offerta legale di contenuti, poi vuole sottrarci quelle risorse necessarie per continuare a lavorare e dare lavoro e per investire sulle nuove tecnologie e sul futuro?
(Qui c’è un’espressa ammissione del ritardo SIAE in materia. Chi legge l’appello inoltre –ammesso che abbia voglia di approfondire- resterà in dubbio su chi siano le società “over the top” di cui si parla. Se fossero le grandi società di produzione, ad es., sarebbe proprio la SIAE a porre la contrapposizione che al punto ‘7’ sosteneva non esistere.)

10.Perché, secondo alcuni, non abbiamo il diritto di difendere il frutto del nostro lavoro, non possiamo avere pari dignità e dobbiamo continuare a essere “ figli di un Dio minore”?
(Il diritto c’è eccome; ma un simile appello non contribuirà al dibattito).

 

Una risposta a “La SIAE e il provvedimento AGCOM (o dell’arte di cambiare discorso)”

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